Formula 1 Sponsorship Agency Formula E Sponsorship Agency MotoGP Sponsorship Agency WEC Sponsorship Agency

Un aspetto spesso sottovalutato quando si tratta di firmare un accordo di sponsorizzazione sportiva è scegliere il momento corretto per farlo.

Il tempo medio di negoziazione di una sponsorizzazione sportiva è di circa 6 mesi, principalmente a causa della struttura e dei processi interni dello sponsor. Si tratta quindi di un'attività che va pianificata con attenzione, anche perché anche le proprietà sportive hanno le loro scadenze.

Quando arriva un nuovo sponsor, i team devono adeguare i materiali di marketing, il layout della livrea e la pianificazione per le attività promozionali per l'anno.

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Ecco perché consigliamo sempre ai nostri clienti di entrare in una trattativa molto presto, in modo che abbiano anche la possibilità di conoscere la squadra, capire gli elementi della sponsorizzazione, sperimentare come un ospite come vivere un weekend di gara e poi prendere una decisione con tutte le carte in tavola.

Soprattutto, concordare un accordo di sponsorizzazione al momento giusto offre allo sponsor e al team l'opportunità di pianificare insieme come attivare la partnership sin dal primo giorno.

Non è raro vedere accordi di sponsorizzazione firmati a pochi giorni dall'inizio del campionato, ma poi ci vogliono settimane (se non mesi) per sfruttare efficacemente la partnership.

In conclusione, quando è il momento giusto per firmare un accordo di sponsorizzazione? Consigliamo di iniziare ad interfacciarsi con il team 8-9 mesi prima dell'inizio del campionato successivo e di firmare l'accordo almeno 2-3 mesi prima della prima gara.

 

Questo è un contenuto editoriale originale di Drive Sports Marketing, un'agenzia specializzata in sponsorizzazioni in Formula 1, sponsorizzazioni in Formula E, sponsorizzazioni in MotoGP e sponsorizzazioni nel WEC.

Quando parliamo di sponsorizzazioni nel motorsport, intendendo tutte le categorie che lo compongono, è giusto andare oltre la superficie di una sponsorizzazione ed è necessario capire quali benefit questa offre a chi sponsorizza un team.

Non ci riferiamo solo ed esclusivamente ai loghi sulla macchina/moto, ma bensì a tutto ciò che riguarda un’intera azienda, i suoi valori e la sua storia, senza dimenticare tutte le persone che vi lavorano all’interno, dall’Amministratore Delegato agli operai.

Partendo da quello che, agli occhi del pubblico, viene subito alla mente, ovvero il logo posizionato sul mezzo, possiamo dire che la sua posizione è estremamente rilevante e non bisogna lasciarsi ingannare dalla sua grandezza o dal punto nel quale è posizionato: se prendiamo in esame la Formula 1, le zone come l’halo o l’head-rest, sebbene piccole, sono molto strategiche e generano più valore mediale perché, venendo spesso ben inquadrate, fanno sì che il logo dello sponsor sia molto visibile e definito. Quanto detto rientra in ciò che è definito branding, ovvero tutte quelle strategie e attività che fanno in modo che un determinato brand sia ben riconoscibile e differenziabile dai concorrenti diretti. In aggiunta a ciò, se si vuole spingere non solo sull’associazione con un team, ma anche con un pilota del team, brandizzarne il casco rappresenta una scelta vincente e che può fare la differenza.

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Qual è il sogno più grande per un fan del motorsport? Avere un pass per il paddock per avvicinarsi, incontrare e scattarsi foto con i piloti che vede correre in TV quasi ogni fine settimana. Bene, tutto ciò rientra appieno nei benefit che nascono da una sponsorizzazione: i pass utili per accedere al paddock, ma anche quelli per accedere nelle hospitality VIP (VIP Village MotoGP e Paddock Club F1 per citarne due) e relative fan zone, sono un ottimo strumento per coinvolgere non soltanto i dirigenti dell’azienda sponsor, ma anche come premio per i dipendenti dell’azienda o gli associati commerciali.

Sempre rimanendo nell’ambito piloti, un accordo di sponsorizzazione nel motorsport consente l’accesso a essi, nella misura in cui è possibile chiedere loro di realizzare contenuti multimediali, oppure è possibile richiedere la loro presenza come ospiti in eventi aziendali oppure durante eventi in cui è prevista anche la partecipazione di fan.

Un ultimo benefit che conferisce una sponsorizzazione motoristica, non certamente per importanza, è l’accesso alla factory del team sponsorizzato: al suo interno sarà possibile certamente provare i simulatori o provare sulla propria pelle come funziona un pit stop, ma sarà anche possibile utilizzare una sala riunioni per svolgere riunioni aziendali in un ambiente diverso e forse più stimolante della solita e classica sala riunioni dell’azienda stessa.

Una volta compreso quanto siano effettivamente importanti ed efficaci i benefit di una sponsorizzazione, non ci resta altro da aggiungere se non che è molto spesso necessaria un’agenzia specializzata nelle sponsorizzazioni sportive, per aiutare il futuro sponsor a selezionare i benefit migliori in base alle proprie esigenze e al proprio mindset.

 

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Il mondo delle sponsorizzazioni sportive, ma in generale il mondo dello sport, come ben facilmente possiamo immaginare, segue da molto vicino l’andamento economico, sociale e ambientale mondiale e ne riflette i cambiamenti, un esempio lo sono le sponsorizzazioni tecnologiche nel motorsport.

È negli ultimi due anni che, a causa della pandemia da Covid-19, si sono registrati i maggiori cambiamenti: fra questi si può sottolineare un’accelerazione del digitale, a cui tantissime persone nel mondo, sia per motivi lavorativi che personali, si sono rivolte. Non è un caso che l’utilizzo di tecnologie digitali e di software sia notevolmente aumentato: si pensi che Zoom, software di videochiamate, nel 2020, primo anno di pandemia, ha implementato il proprio fatturato del 326% rispetto all’anno precedente.

Come si può collegare quanto riportato sopra alle sponsorizzazioni del mondo sportivo e in particolare al motorsport? Riprendendo le analisi delle sponsorizzazioni della competizione motoristica che più vive di innovazioni tecnologiche, la Formula 1, si può notare come il brand F1 e tutti i team abbiano ormai rapporti di sponsorizzazione con marchi tecnologici: questi sono di natura più disparata, da software di videochiamate a servizi in cloud passando per la cybersecurity, e con marchi legati alle criptovalute e alle blockchain. Un surplus legato a tutto ciò, è che le innovazioni tecnologiche sperimentate dai vari team vengono poi riutilizzate e adattate per altri contesti, come il trasporto urbano o addirittura il campo della medicina.

Partendo dal già citato Zoom, questo marchio, ormai più che affermato, ha firmato un contratto pluriennale di partnership direttamente con il brand Formula 1, ma non è da meno un suo diretto concorrente, Webex, che nel 2020 ha stipulato un accordo di partnership con il Team McLaren; bisogna aggiungere che questi sistemi di videochiamata si sono rivelati anche essenziali per i team, che li hanno potuti utilizzare per far sì che i propri piloti potessero interagire con i fan e per far fare un garage tour virtuale a quegli ospiti che sarebbero dovuti essere presenti ai gran premi, ma che non potevano esserci a causa delle restrizioni Covid-19 che limitavano il numero di persone presenti nel paddock.

Sponsorizzazioni Tecnologiche Nel Motorsport

Anche il cloud computing è ormai più che presente nel circus della Formula 1: dal 2018 la Formula 1 ha iniziato a trasferire gran parte della sua infrastruttura IT sul Cloud AWS (Amazon Web Services) per monitorare le strategie di gara, tracciare meglio i dati e le trasmissioni digitali, e la stessa cosa hanno fatto i team, che si sono equipaggiati di altri sistemi cloud quali Google Cloud (McLaren), Ionos (Haas) e Cognizant (Aston Martin).

Di pari passo con la categoria cloud computing, che è la risorsa principale per ogni tipo di business vista la sua agilità, resilienza e velocità di sviluppo, vi è la cybersecurity: quegli strumenti e tecnologie, come possono essere Mandiant (Alpine), Sentinel One (Aston Martin) e Darktrace (McLaren), volti a proteggere i sistemi informatici e tutti i dati da questi contenuti da attacchi hacker, sono sempre più richiesti e utilizzati dalle aziende, di piccole o grandi dimensioni che siano.

Ma cosa dire delle altre competizioni motoristiche di alto spessore come la Formula E e la MotoGP, dirette concorrenti della Formula 1? In Formula E le sponsorizzazioni nel settore tecnologico sono presenti in quantità estremamente ridotta, quasi inesistente, segno di un campionato che punta di più su sponsorizzazioni legate a fonti rinnovabili e sostenibili. Dall’altro lato, invece, i team del campionato MotoGP, che ha comunque l’innovazione come valore cardine, si stanno a mano a mano affacciando sempre di più ad aziende che operano nel settore tecnologico, come dimostrano già quelle sponsorizzazioni operate nei campi del cloud (Aruba.it per Ducati) e della cybersecurity (Kaspersky per Aprilia Racing).

Il settore tecnologico si conferma quindi come attore principale nel motorsport, ma ancora non tutte le serie e campionati sono in grado di sfruttarne tutto il potenziale dal punto di vista delle sponsorizzazioni.

 

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Un tema molto ricorrente negli ultimi anni è il surriscaldamento globale e la relazione tra motorsport e sostenibilità sta diventando sempre più importante.

Questo problema, con le conseguenti critiche e tentativi di corsa ai ripari, non ha risparmiato il mondo dello sport, in particolare il motorsport, da sempre accusato di emettere più anidride carbonica per via dell’utilizzo di veicoli da corsa, nonostante gli studi indichino che questi ne emettano solo l’1% e che oltre il 70% delle emissioni Co2 sia dovuto alla logistica e ai viaggi, fattore comune a molti sport.

Di conseguenza, le aziende sponsor pongono sempre più attenzione alla sostenibilità di un determinato sport prima di investire importanti somme di denaro. La palla è quindi passata ai campionati e alle squadre stesse che hanno dovuto sviluppare strategie e programmi di sostenibilità per rispondere alle necessità dei potenziali sponsor. Ed in questo senso, chi tra le due serie motoristiche di punta si sta comportando meglio?

Giunta ormai alla sua ottava edizione, nel corso del tempo la Formula E ha apportato alcuni cambiamenti non solo da un punto di vista tecnico e quindi legato alle vetture, come miglioramenti alle batterie elettriche in modo tale da disputare un intero E-Prix con una sola batteria, ma anche da un punto di vista ambientale: nelle prime quattro stagioni la serie ha implementato un programma di riciclaggio per tutte le batterie Li-Ion di prima generazione. Dal 2018 invece ha iniziato ad affrontare il problema legato alle bottiglie di plastica monouso installando distributori d’acqua durante gli eventi. Infine, nel 2021, ha sperimentato il riciclo della fibra di carbonio derivante dalle parti rotte delle auto.

Tutto ciò, insieme a una giusta misurazione e compensazione delle emissioni di carbonio, le ha permesso di diventare il primo campionato sportivo interamente riconosciuto come carbon neutral.

Il Campionato di Formula E, all’avanguardia nella sostenibilità, nel suo breve corso di vita è già stato insignito di più certificazioni di livello globale: nel 2020 è stato premiato dalla FIA (Federazione Internazionale dell’Automobile) con tre stelle per la sostenibilità ambientale, mentre nel 2021 ha ottenuto la certificazione ISO20121 (standard di gestione per l'organizzazione sostenibile di eventi) e ha ricevuto il punteggio più alto da quello che è il primo e unico indice di sostenibilità, il “Sustainable Motorsport Index” realizzato da Enovation Consulting che prende in esame 106 campionati motoristici internazionali.

Motorsport e Sostenibilità

Ma cosa dire riguardo la più conosciuta e seguita Formula 1? Da sempre ritenuto il campionato meno sostenibile, negli ultimi anni ha fatto passi da gigante in questo campo, tanto da essere insignito di tre stelle FIA nel 2021, complice anche il lavoro sodo dei diversi team partecipanti, che sembrano aver preso molto a cuore il tema della sostenibilità. Inoltre, la serie si è posta un obiettivo molto ambizioso, ovvero il raggiungimento di un livello di emissioni pari a zero entro il 2030. Questo obiettivo va oltre la tecnologia dei motori delle auto, ma riguarda anche la riduzione totale dello spreco delle risorse in pista e l’ottimizzazione della logistica. Infatti, dal 2023 le gare saranno raggruppate per continente, così da evitare viaggi frequenti da un lato all’altro del globo terrestre.

La sostenibilità non è però soltanto ambientale, ma anche sociale. Infatti, va sottolineato come sia Formula 1 che Formula E hanno sviluppato progetti molto interessanti, come: “F1 in Schools”, “Girls on Track” e “Project Pitlane”. Progetti che mirano ad avvicinare i giovani allo studio di materie scientifiche, a portare le bambine a contatto con un mondo storicamente a connotazione maschile e lo sviluppo di 20.000 ventilatori per la NHS durante la pandemia.

Nell’indice di sostenibilità di Enovation Consulting, la Formula 1 si è classificata al secondo posto, subito dietro alla "cugina" Formula E, ma l'arrivo imminente di altre case automobilistiche e la strategia di sostenibilità in corso con l'utilizzo al 100% di biocarburanti dal 2025 suggerisce che, nel giro di pochi anni, le posizioni potrebbero allinearsi e la Formula 1, grazie anche al pubblico sempre crescente e di gran lunga superiore alla Formula E, potrebbe farla da padrone.

Se sei interessato a capire come la tua azienda può associarsi a motorsport e sostenibilità, noi di Drive siamo qui.

 

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Se negli anni ’80-’90 i team di Formula 1 si scontravano per cercare di ottenere la sponsorizzazione più onerosa nell’industria del tabacco, da tempo messa al bando a causa degli effetti negativi sulle persone e sull’ambiente, adesso questi sono sempre alla ricerca della più massiccia sponsorizzazione ed è per questo che parliamo di criptovalute e Formula 1.

Facendo un piccolo passo indietro, è utile spiegare cosa effettivamente siano le criptovalute: queste sono valute digitali, si pensi ai più famosi Bitcoin, utilizzate nelle transazioni virtuali, registrate in registri decentralizzati chiamati blockchain.

La loro rilevanza nel mondo Formula 1 è confermata dal fatto che Crypto.com, piattaforma di scambio di criptovalute, abbia stretto un accordo di partnership con Liberty Media, diventando così Global Partner di F1.

Criptovalute e Formula 1

Dal lato team, ormai quasi tutte le squadre di Formula 1 hanno stretto accordi di sponsorizzazione con aziende di criptovalute e loro derivati (NFT, blockchain): mancano all’appello solo Haas e Williams, ma ci si immagina che si aggiungeranno alla lista ben presto. Aston Martin, dal canto suo, è stato il primissimo team a decidere di operare una sponsorizzazione in questo settore, siglando un accordo proprio con il già citato Crypto.com nel marzo 2021. Red Bull Racing, invece, ha chiuso l’accordo di sponsorizzazione più ingente nel settore delle criptovalute con ByBit: si parla di 150 milioni di dollari in tre anni.

Entrando più nello specifico, in quali settori vengono utilizzate maggiormente le criptovalute? Questa è una domanda più che lecita, se si pensa, per esempio, alla strategia attuata da Alfa Romeo che ha deciso di farsi strada nel mondo della finanza decentralizzata con una partnership in collaborazione con Floki.

Ma c’è di più: il mondo delle criptovalute ha rivoluzionato persino il rapporto sport-tifosi. Questo ulteriore traguardo è dato dal fatto che, con le criptovalute, sia possibile acquistare NFT (Non-Fungible Token), ovvero certificati di proprietà relativi a opere digitali. Per esempio Mercedes ha scelto come partner commerciale FTX, un exchange di criptovalute tramite la cui app è possibile acquistare, e non solo, NFT legati al marchio Mercedes e al mondo Formula 1.

Questo legame momentaneamente indissolubile Formula 1-Criptovalute porta però con sé problemi non di poco conto: mentre il mondo Formula 1 è costantemente alla ricerca di diventare più green, il mondo delle criptovalute non sembra voler seguire queste orme. Le criptovalute, per essere create, necessitano al momento di un processo chiamato “mining”, che consuma molta energia e rilascia anidride carbonica. In aggiunta, le criptovalute non sono ancora ben regolamentate da un punto di vista finanziario e di tutela nei confronti dei consumatori in tutto il mondo.

Però, almeno per il momento, di questi aspetti nessuno sembra preoccuparsene troppo. Al contrario, tutti scommettono sulle potenzialità finanziarie del mondo delle criptovalute e se sei interessato a saperne di più, noi di Drive non aspettiamo altro che una tua chiamata.

 

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È possibile ricreare una linea di abbigliamento casual che sia ispirato al motorsport? L’abbiamo chiesto a Gabriele Pedone, CEO di Racing Spirit, brand di abbigliamento del gruppo Racing Force, che già include iconici marchi del motorsport come OMP e Bell.

Può raccontarci la storia di Racing Spirit e da cosa è nata l'idea di fondare questo brand di abbigliamento?

La storia nasce nel 2012 da una bella casualità, quando, come OMP, abbiamo ricreato con i costumisti le tute dei piloti che partecipavano al campionato del 1976 per la produzione del film “Rush”, diretto da Ron Howard.

Verso fine produzione, visto il successo che stavamo ottenendo con le tute e con i caschi, c’è stato chiesto se potessimo produrre alcuni capi anche per i meccanici di alcuni team del film: è da qui che abbiamo dato vita al progetto Racing Spirit, che, nel 2018, si è poi trasformato in un’azienda dedicata all’abbigliamento ispirato al motorsport.

Riallacciandosi a questo ultimo discorso, secondo lei che cos'è che propriamente va a distinguere i capi di Racing Spirit rispetto ad altri capi che ci sono sul mercato?       

Sul mercato c’è una vasta scelta di tessuti e di tecnologie applicate ai tessuti, però nel settore motorsport nessuno ha mai considerato o sviluppato questo aspetto con un brand dedicato. Ciò che abbiamo fatto è stato applicare quelle tecnologie e la nostra esperienza proveniente dal motorsport per creare questo brand di abbigliamento tecnico, ma allo stesso tempo casual, che potesse soddisfare le esigenze dei nostri consumatori.

In un futuro prossimo pensate di creare una linea che non sia tanto casual, ma più elegante e che segua il mondo del fashion, oppure preferite rimanere sempre sullo stile più casual come adesso?

In questo momento ci vogliamo concentrare su quello che sappiamo fare bene e che capiamo bene, che è il motorsport, è ovvio che il passo successivo sia ampliare il nostro target, ma creando abbigliamento sportswear, non fashion. Di spirito ci sentiamo più vicini a brand come Patagonia, North Face, Colmar, North Sails, Quicksilver, più che a brand di moda pura come Stone Island, Napapijri o AlphaTauri.

Quali sono, a livello di strategia di brand, gli obiettivi nel breve termine e come avete intenzione di posizionarvi nel mercato?

L’obiettivo nel breve termine è quello di stabilirci ulteriormente nell’industria del motorsport. Noi raccontiamo una storia vera, il nostro marchio nasce da due brand ormai affermatisi nel motorsport, come Bell, nato nel 1954, e OMP, nato nel 1973.

Vogliamo partire dall’heritage che abbiamo, rendere Racing Spirit ancora più riconoscibile nel nostro mondo per poi uscire da questo settore per andare a colpire un target di pubblico più ampio con un abbigliamento sportswear ispirazionale come sono le corse automobilistiche.

Come azienda, ci focalizziamo molto sul nostro WHY: siamo appassionati di questo sport, siamo altamente coinvolti in questo sport e vogliamo trasformare in qualcosa di nuovo tutte le esperienze che il motorsport ci ha fatto vivere. Come nel motorsport, dove tutto è ben pianificato e dettagliato, i nostri prodotti sono studiati nei minimi dettagli per garantire ai nostri consumatori ottime performance con prodotti altamente funzionali ed esteticamente piacevoli.

 

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Citando Bruce Springsteen, per molti anni gli esperti di sponsorizzazioni hanno definito i primi anni 2000 come i giorni di gloria della F1, quando i marchi di sigarette e le società finanziarie investivano decine di milioni di euro nello sport. Oggi, dopo un decennio di difficoltà per i team di F1 nel firmare accordi sostanziosi, stiamo assistendo a una nuova era d'oro per le sponsorizzazioni in F1 e gli attori principali sono senza dubbio le aziende tecnologiche, ma non sono le uniche.

Abbiamo già parlato in un altro articolo del motivo per cui le aziende tecnologiche stanno investendo così tanto nello sport, ma perché questo sta accadendo ora e perché la F1 sta attirando di nuovo aziende da molti settori diversi?

Canali digitali: dall'acquisizione da parte di Liberty Media, la Formula 1 è diventata lo sport in più rapida crescita sui canali digitali e oggi conta 49,1 milioni di follower totali e nel 2021 ha registrato il più alto tasso di coinvolgimento dei fan sui social rispetto ad altri grandi sport.

Nuova narrativa: la crescita dei canali social e la creazione di contenuti dietro le quinte ha dato allo sport l'opportunità di portare la narrazione a un livello più alto. In questo modo, i fan di tutto il mondo hanno potuto conoscere le sfide, le complessità e le peculiarità di questo sport, mentre le aziende hanno scoperto tante storie che possono raccontare utilizzando la Formula 1 come piattaforma.

Era d'Oro per le Sponsorizzazioni in F1

Mercati in crescita: di conseguenza, ci sono stati aumenti significativi del pubblico cumulativo della scorsa stagione in diversi mercati, inclusi molti dei più grandi mercati della F1. I Paesi Bassi si sono distinti con un incremento del +81% anno su anno, ma si sono registrati guadagni significativi anche negli Stati Uniti (+58% anno su anno), Francia (+48% anno su anno), Italia (+40% anno su anno) e Regno Unito ( +39% anno su anno).

Sostenibilità reale: la Formula 1 sta effettivamente compiendo passi da gigante per rendere lo sport più sostenibile possibile: le auto di F1 hanno già un motore ibrido e sono molto più efficienti delle nostre auto stradali, inoltre utilizzano carburante E10, una miscela al 90% di combustibili fossili e 10% di etanolo. Ma, con il lancio della nuova generazione di motori nel 2025, le vetture saranno alimentate da carburante sostenibile al 100%.

In conclusione, la Formula 1 non si è limitata ad essere lo sport annuale più popolare a livello mondiale, bensì ha ascoltato le esigenze delle aziende e ha innalzato lo sport a un nuovo livello in molti aspetti. Ecco perché stiamo parlando di una nuova era d'oro per le sponsorizzazioni in F1 e noi di Drive non aspettiamo altro che parlartene.

 

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Una delle case automobilistiche che credono veramente nell'efficacia del motorsport come piattaforma di marketing globale è Nissan. Ecco perché abbiamo fatto una chiacchierata con Tommaso Volpe, General Manager del Motorsport Globale e Partnership, per capire come Nissan si avvicina al motorsport e quali sono gli obiettivi.

Nissan è in Formula E, GT World Challenge, Super GT. Cosa rappresenta il motorsport per voi al giorno d’oggi?

Sicuramente il motorsport, per noi come per molte altre case automobilistiche, è una piattaforma su cui dimostrare non solo le capacità tecniche della casa nel momento in cui si è coinvolti direttamente nello sviluppo della vettura, ma anche una piattaforma tramite cui creare engagement con fan e pubblico, e promuovere il brand dando una nuova narrativa. Ha insomma una doppia valenza: una tecnica e una di marketing e comunicazione.

Voi siete stati circa 10 anni in Formula 1 con il marchio Infiniti, prima come partner di Red Bull Racing e poi di Renault. Infiniti, tuttavia, era partner tecnico e quindi l’operazione non era solo di semplice marketing. In Formula E vale lo stesso principio? Com’è stata la transizione nel passare dalla F1 alla FE come piattaforma di marketing?

I progetti inizialmente sono stati sviluppati in parallelo per servire due brand diversi: Nissan è entrata in Formula E quando ancora Infiniti era presente in Formula 1 con Renault. Non si può quindi parlare di una vera e propria transizione, ma comunque la logica di fondo è la stessa. Infiniti era entrata in Formula 1 per aumentare la propria brand awareness, soprattutto in Europa, dal momento che era un marchio ancora giovane. I costi e l’impegno richiesti dalla F1 hanno però fatto propendere la decisione verso un ingresso a livello di sponsor di Red Bull Racing senza avere un effettivo coinvolgimento tecnico in prima battuta.  Una casa automobilistica non può però accontentarsi di sole azioni di marketing quindi, sin dall’inizio, era previsto un ingresso nello sport in modo attivo. Questo è poi stato realizzato con l’Alliance (Renault-Nissan-Mitsubishi) che ha deciso di entrare in F1 con il brand Renault e la naturale scelta è stata di avere Infiniti come partner tecnico nello sviluppo del motore ibrido. Per Nissan invece la decisione è stata sin dal principio di entrare come team a tutto tondo in Formula E.

Dal punto di vista tecnologico, la F1 viene sempre dipinta come l’ambiente in cui fare R&D per un successivo trasferimento delle soluzioni sulle auto stradali, ancora adesso con l’ibrido che mantiene un certo vantaggio competitivo sull’elettrico. Quanto di ciò che sviluppate in Formula E si riesce a portare sulle auto elettriche? Anche in un confronto con il periodo di Infiniti in F1.

Parliamo innanzitutto di progetti diversi. Sia Infiniti che Nissan avevano già una grande esperienza nella tecnologia sin da prima di entrare nei rispettivi sport. Nissan era addirittura pioneristica nel settore elettrico da ben prima della Formula E: da 70 anni lavoriamo su progetti che coinvolgono l’elettrificazione delle auto e abbiamo venduto la prima auto elettrica al mondo rivolta alle masse (la Nissan Leaf), ormai 11 anni fa. Quindi, in realtà, abbiamo affrontato il processo inverso: Nissan ha trasferito la propria conoscenza ‘di serie’ sulle auto da corsa. A lungo termine, tuttavia, abbiamo prorogato la nostra partecipazione al campionato almeno fino al 2026. Il nostro piano è pertanto di cominciare ad intraprendere il percorso più classico: dalla pista alla strada. Per Infiniti il discorso è simile: il primo ibrido performante della Q70 è stato lanciato ben prima che diventasse la tecnologia delle power unit in F1.

Molti costruttori puntano attualmente al WEC, attirati dal nuovo regolamento Hypercar. Come vedi il nuovo stato di forma dell’endurance?

Il WEC sta diventando sempre più interessante, soprattutto alcune categorie con omologazione condivisa tra Europa e USA. Al momento siamo concentrati sulla FE, ma teniamo sotto osservazione tutti i campionati, tenendo in mente sempre gli stessi criteri: la partecipazione ad una categoria deve aver senso a livello tecnologico, con possibilmente know-how pregresso, e deve aver senso da un punto di vista del marketing in senso lato.

 

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Nel 1991, i Genesis cantavano "compri un pezzo di paradiso, compri un pezzo di me". Bene, se sei un'azienda tecnologica puoi acquistare un pezzo di paradiso nel settore dello sport, vediamo di cosa si tratta. Non devi essere un genio delle sponsorizzazioni sportive per renderti conto che i marchi tecnologici stanno dominando il panorama al giorno d'oggi. Questa è una tendenza che coinvolge l'intera industria dello sport e non accenna a rallentare. Tuttavia, c'è un trend ancora più forte degli altri, quello che lega Formula 1 e aziende tecnologiche.

Secondo l'ultima Power List, pubblicata dallo Sports Technology Group, la Formula 1 è in cima alla classifica, seguita da NBA e UEFA. Perché?

Semplice, mentre altri sport sono "supportati" dalla tecnologia, la Formula 1 è invece "guidata" dalla tecnologia. Ma più di questo, la Formula 1 è il luogo in cui l'innovazione viene fatta e poi applicata ad altri settori: dalla produzione industriale, al commercio di massa, fino all'industria farmaceutica.

Formula 1 e Aziende Tecnologiche

L'analisi dei dati è ormai presente in ogni sport e calciatori o tennisti vengono monitorati per capire come possono giocare meglio e in modo più efficiente, ma il livello di analisi in tempo reale dei dati che avviene in Formula 1 durante una gara è semplicemente impensabile per altri sport. Un'auto da corsa ha più di 100 sensori a bordo e produce 900 GB di dati ogni gran premio, quei dati sono le chiavi per sbloccare le prestazioni.

La sicurezza informatica è un altro grande argomento. Naturalmente, ogni organizzazione sportiva ha un certo livello di dati segreti che desidera proteggere, ma nella maggior parte dei casi tali dati sono relativi al lato commerciale piuttosto che a quello sportivo. Diversamente, il livello di degrado delle gomme o le temperature di esercizio dei freni sono quel tipo di dato che in Formula 1 definisce chi vince e chi perde.

L'intelligenza artificiale è anche un qualcosa che sta aumentando la sua presenza nell'ambiente sportivo, ma i team di Formula 1 ci stanno lavorando da diversi anni. Durante una gara, una squadra può ascoltare molte comunicazioni radio anche da altre squadre e estrapolare informazioni cruciali da queste conversazioni può essere un punto di svolta in termini di strategia di gara. Ma per farlo rapidamente e mentre le auto vanno a 300 km/h, i team utilizzano sistemi di intelligenza artificiale. Ci sono altri sport in cui la tecnologia svolge un ruolo così importante? Difficilmente.

Lo storytelling è poi molto autentico e il pubblico è perfetto: infatti, il 57% dei fan è ha potere decisionale e ha il 49% di probabilità in più di lavorare in un ruolo IT rispetto alla media, rappresentando esattamente le persone a cui vendere soluzioni tecnologiche.

Inoltre, più di 300 aziende sono coinvolte nello sport e le opportunità di B2B sono semplicemente illimitate.

Allora, cosa stai aspettando? Noi di Drive siamo qui per parlarti della relazione tra Formula 1 e aziende tecnologiche e le opportunità che ne conseguono.

 

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Molte volte abbiamo sentito responsabili marketing dire che la sponsorizzazione sportiva non fosse lo strumento giusto per loro perché non potevano misurare il ROI. Questa affermazione non potrebbe essere più lontana dalla verità e abbiamo intervistato Samantha Lamberti (Managing Director, Nielsen Sports Southern Europe) per capire quanto oggi siano analitiche e misurabili le sponsorizzazioni sportive.

Qual è il ruolo di Nielsen e del tuo gruppo di lavoro all’interno del motorsport?

Nielsen è il leader global di data analytics nel settore dello sport e delle sponsorizzazioni, incluso il motorsport. Aiuta, nello specifico, a supportare e regolare tutte le transazioni di sponsorship, in particolare a calcolare il ritorno di investimento delle sponsorizzazioni e a capire come massimizzare tale ritorno. In particolare supportiamo sia i rights holder -i team, Formula 1, MotoGP-, che i brand nel capire come, dove, quanto investire o il tipo di investimento da richiedere attraverso quello che è lo sponsorship lifecycle.

Negli ultimi dieci anni il concetto e la struttura delle sponsorizzazioni sono cambiati molto. Cos’è cambiato invece nel vostro approccio e nei servizi che offrite?

Nielsen Sports nasce come un’azienda che originariamente si concentrava sulla media valuation, ma negli anni l’esigenza dei clienti si è evoluta, e noi insieme a loro. Nel tempo, infatti, hanno assunto una crescente rilevanza  fattori come l’impatto delle sponsorizzazioni sulle vendite dei brand sponsor. Proprio l’anno scorso abbiamo lanciato una soluzione - ROSI 2.0 - che, facendo leva sulla profonda competenza del più ampio team Nielsen, fornisce l’abilità di calcolare sia in maniera predittiva che post-evento tale impatto. Nielsen ha un dipartimento specializzato di Marketing Effectiveness che si occupa di fare Marketing Mix Modelling per grandi brand. Appunto utilizzando questa expertise interna e combinandola con i dati e l’expertise specifica di Nielsen Sports, siamo riusciti a creare un modello che sia in grado di  determinare in maniera quantitativa l’impatto generato da una o più sponsorizzazioni sulle vendite e sulla brand equity di un marchio.

Tra le proprietà sportive e gli sponsor, chi tende ad essere maggiormente interessato a questi servizi innovativi?

Parlando di sport in generale ci sono numerosissimi clienti interessati: da federazioni, a team a organizzatori di mega-eventi a brand stessi che prima non includevano la sponsorship nelle loro analisi. Le richieste diventano più forti quando parliamo di sponsorizzazioni di dimensioni significative. Tuttavia, siamo ancora in una fase iniziale dove il mercato ha la necessità di maggiori verifiche, ma allo stesse tempo esige più’ rigore nel capire il ritorno degli investimenti generati dalle sponsorizzazioni.

Facendo un passo indietro e tornando ad una fase antecedente alla firma della sponsorizzazione, Nielsen svolge anche un lavoro di supporto alle proprietà sportive per creare una strategia commerciale basata sui dati. Puoi descriverci come avviene questo passaggio?

Nielsen supporta i rights holder attraverso tutto il ciclo della sponsorizzazione: partendo dall’analisi dei fan ad esempio utilizzando la nostra banca dati costruiamo modelli capaci di associare alle diverse tipologie di fans le categorie/brand che maggiormente beneficerebbero della sponsorizzazione tenendo in considerazioni dati come viewership, propensity to buy dei fan, capacità di investimento del brand.

Un trend molto recente delle sponsorizzazioni sportive è quello degli esports. Voi come lo gestite?

Abbiamo un dipartimento dedicato agli esports che oltre a fornire gli stessi servizi usati dagli sport tradizionali si occupa anche di definire l’opportunità di ingresso in questo settore sia per il brand che per il rights holder. In particolare, siamo in grado di contestualizzare gli esports rispetto agli sport tradizionali e far capire le differenze soprattutto a chi conosce meno il settore.

 

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